"Non come chi vince sempre, ma come chi non si arrende mai"
Frida Khalo

Ecco il metodo che mi permette di aiutare famiglie ed adolescenti:

  1. Creazione durante tutto il percorso di una forte alleanza terapeutica, indispensabile per un lavoro insieme ad un adolescente o giovane. La persona che inizia un percorso su di sé deve infatti lavorare con me per trovare una propria motivazione interna rispetto alla presa in carico, anche perchè spesso per i più giovani sono i genitori a proporre l’invio;
 
  1. Percorso di consultazione di quattro incontri che prevede la definizione di un “bilancio evolutivo” in cui possono emergere gli stalli che il ragazzo/a non sta riuscendo a superare. Durante questi primi colloqui tendo spesso a mettere la persona più a proprio agio possibile, evitando silenzi imbarazzanti, proponendo strumenti specifici che aiutino ad esporre la propria difficoltà senza solamente l’utilizzo dell’eloquio spontaneo.
 
  1. Restituzione al giovane o ai genitori del ragazzo minorenne di quanto finora compreso e definizione di un possibile percorso di cura.
 
  1. Inizio di un percorso psicoterapico volto al sostegno dell’individuo all’interno del suo contesto di vita che permetta di risolvere l’arresto evolutivo e proseguire all’interno della propria crescita
 
 Successiva all’infanzia, la fase adolescenziale ha infatti dei suoi “compiti evolutivi “ specifici ed un blocco in uno di questi può comportare una grossa sofferenza nel ragazzo, ma anche nella sua famiglia. Vediamoli più nel dettaglio:
 
Il compito di SEPARAZIONE-INDIVIDUAZIONE: l’adolescente è chiamato a rendersi progressivamente indipendente sia a livello intellettuale che affettivo dalle sue figure genitoriali. La ricerca dell’autonomia e il rifiuto delle regole imposte possono generare molti conflitti in quest’età;
 
– Il compito di MENTALIZZAZIONE DEL PROPRIO CORPO: i cambiamenti innescati dalla pubertà richiedono di costruire mentalmente e di poter usare una nuova immagine di sé. Spesso questo processo può comportare delle fissazioni su di alcune parti del corpo che non piacciono, possono svilupparsi disturbi legati all’alimentazione, fenomeni di cutting, somatizzazioni…
 
il compito della NASCITA SOCIALE:  in adolescenza si è chiamati, in modo più significativo rispetto al passato, ad assumersi direttamente la responsabilità di un ruolo socialmente riconosciuto, sia tra i coetanei, sia nel contesto più allargato. Difficoltà nel costruire amicizie durature, nel  farsi accettare dal gruppo classe, nel rinchiudersi nella propria cameretta davanti ad un videogioco od una piattaforma social che permetta di socializzare virtualmente, sono tutti possibili sfaccettature di questo blocco evolutivo; 
 
il compito della CREAZIONE DELL’IDEALE DELL’IO: chi sono? Chi voglio diventare? Sono tutte domande cruciali che in questa fase iniziano a farsi presenti nei pensieri dei ragazzi e che necessitano di risposte da parte del contesto in cui sono inseriti. In questa età è infatti molto importante il giudizio esterno per la formazione di una propria rappresentazione e sguardi giudicanti possono avere effetti considerevoli sull’autostima di un adolescente.

Il lavoro con l’adolescente secondo il mio approccio richiede necessariamente l’esplorazione e spesso anche il coinvolgimento dell’ambiente in cui è inserito:

Genitori, scuola, amici e non solo, devono essere presi in considerazione allo scopo di promuovere una propria identità separata e matura.

 
Il disagio adolescenziale va dunque interpretato, prima di far ricorso alla dimensione psicopatologica, come una condizione individuale di stallo nel percorso di crescita che necessita di una ripresa evolutiva a partire dalle crisi nei compiti evolutivi.
 
L’obiettivo primario della consultazione con uno psicologo che lavora con questo impianto metodologico è quindi quello di individuare l’area della crescita e delle trasformazioni adolescenziali nelle quali si è realizzato un arresto più o meno parziale di sviluppo delle competenze.
 
A quel punto bisognerà riflettere insieme al ragazzo su quali siano le aree che lo mettono più in una condizione di difficoltà per poi cercare di superare il blocco evolutivo che lo sta facendo soffrire.
 

Rispetto alla clinica dell’adolescenza, la clinica del giovane adulto ha diversi punti di convergenza, ma anche delle differenze significative dovute alla maturazione dell’individuo

 
Ecco allora che anche i compiti evolutivi fase-specifici si ampliano rispetto a quelli adolescenziali:
 
 
  1. La mentalizzazione della propria sessualità: superando le fasi tipiche dell’innamoramento adolescenziale dove spesso vi è un rispecchiamento molto forte nel proprio partner, il giovane adulto vedrà nel corpo dell’altro il completamento della propria incompletezza e quindi si relazionerà in un’ottica di complementarità. È all’interno di  questa fascia d’età che si sperimenta difatti l’investimento maggiore nella coppia, con tutti i risvolti positivi e negativi che ne derivano; 
 
  1. La separazione dai genitori reali: il giovane adulto dovrebbe aver imparato a riconoscere i propri genitori nella loro reale umanità, vedendoli come figure realistiche di cui riconosce limiti e contraddizioni. Si è identificato e controidentificato ad essi, arrivando nel tempo ad accettarli e perdonarli perciò che sono per poi poter “lasciarli andare”;
 
 
  1. La soggettivazione: mentre per l’adolescente si parla abitualmente di “individuazione”, per il giovane adulto è preferibile parlare di “soggettivazione”. Questo  perché, grazie ad un processo maturativo, il soggetto diviene sempre più responsabile del proprio linguaggio e dei propri comportamenti, uscendo dall’orizzonte narcisistico ed onnipotente adolescenziale ed entrando nel mondo adulto della responsabilità e del principio di realtà;
 
  1. La Generatività sociale: con questo compito si intende analizzare quanto il giovane adulto è riuscito ad inserirsi efficacemente nel mondo universitario o lavorativo. Questa fascia d’età è spesso caratterizzata infatti in questi ambiti da delusioni, frustrazioni, o conflitti molto intensi: per alcuni risulta molto complicata la competitività tra pari, per altri ostica la relazione con figure di autorità, per altri ancora il lavoro o la carriera universitaria sono vissute come aree marginali di investimento, come se il meglio di sé si dovesse giocare in un altro campo. Diventa quindi difficile raggiungere una vera “nascita sociale” all’interno di un gruppo di pari che riconosca uno specifico ruolo.